LOUISE BOURGEOIS

 


Il ritratto fattole da Robert Mapplethorpe, scattato nel 1982, la mostra sorridere in modo impetuoso all'obiettivo, avvolta in un cappotto di lana scura e arruffata, mentre porta con disinvoltura una delle sue sculture sotto il braccio come se fosse un ombrello o un bastone che la sua mano a coppa sostiene all'estremità sporgente in avanti dell'oggetto. Ma la scultura non è un ombrello o un bastone. Chiamata Fillette e datata 1968, non assomiglia a nulla di più di un dildo fuori misura, un'associazione accentuata dal modo in cui la fotografia profila le forme gemelle a forma di palla che compongono la regione inferiore della scultura e, all'altra estremità, mette in evidenza la sua asta rigida e la punta arrotondata e solcata. Il sorriso di Louise Bourgeois, che rompe il suo volto in una serie di vortici e increspature luminosamente morbide, è forse la risposta alla sua stessa immaginazione della provocatorietà di questa immagine? Quasi dieci anni prima, un'altra donna artista, di tutt'altra generazione, si era fatta fotografare con un dildo eretto tra le gambe del suo corpo nudo. L'annuncio a pagamento di Lynda Benglis, pubblicato su Artforum nel novembre 1974, proclamava il messaggio di molti giovani artisti che si stavano affermando negli anni Settanta. Il mondo dell'arte, sembrava dire, si sta ristrutturando come uno star system in cui l'artista è sempre più una merce, una personalità da confezionare e vendere. Warhol aveva detto tutto, proclamava l'annuncio, e il mercanteggiare aveva sostituito l'estetica. Ecco il mio corpo. Compratemi.

[Testo di Rosalind Krauss, dal libro "Bachelors", MIT, 1999. Traduzione mia]










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